Aspirapolveri, Cellulari, Social Media, Metaverso

Premessa Per Nulla Superflua:
Lungi da me l’intento di demonizzare la presenza di cellulari e social media nella nostra quotidianità dal momento che sicuramente fanno parte dell’evoluzione tecnologica volta al progresso e la facilitazione delle attività umane.
Inveire su questi strumenti della comunicazione moderna non avrebbe senso per quel che mi riguarda per due ragioni:
1) Mi considero un’accanita appassionata di tutto ciò che internet può offrire per estendere le mie già innumerevoli curiosità. La sfrutto gioiosamente dal suo Pleistocene quando in effetti scoprivamo, con entusiasmo pionieristico, la bellezza di una pagina html, il gioco di ruolo o il chatto su ICQ (il tutto con stratosferiche bollette telefoniche).

2) Nel caso in cui scegliessi di demonizzare Instagram, Twitter ed affini calamiterei
tutti gli insulti del cosmo internettiano e sinceramente non sarei neppure credibile dal momento che anch’io mi sono prestata al loro uso creando un profilo, giusto per spulciare un po’.

Detto ciò torniamo a bomba senza spararne alcuna, provando ad esprimere qualche pensiero che mi sovviene istintuale.

Il fatto che esista l’aspirapolvere non significa che questa debba diventare una nostra appendice al punto tale che aspirare sporcizia diventi non solo la nostra attività primaria ma quella che inevitabilmente non ci consente più di interagire con il mondo esterno, isolandoci così tanto da non avere più rapporti di comunicazione nemmeno con chi è difronte a noi, anche fosse il primogenito sul passeggino che si sta strozzando con una merendina.

D’accordo il telefonino non è un aspirapolvere ma, se lo fosse, almeno avremmo per le vie della nostra città la constatazione di un mondo più pulito, invece che assistere ad alveari di zombies che a capo chino camminano noncuranti di bambini, semafori, parcheggi e traffico, lentamente zigzaganti in mezzo ai propri simili che fanno ahimè altrettanto e con cui mai troveranno occasione d’un saluto, una parola, un discorso, un gesto.

Voi direte che è la solita polemica qualunquista di chi si erge alla critica dall’alto
d’un comportamento elitario.

Non è così…. perchè il comportamento dello zombie è subdolo, colpisce chiunque, anche la sottoscritta, sebbene tenti quotidianamente di tenere la barra dritta.

E’ difficile la distrazione da un’appendice connaturata ormai all’essere umano ma non si capisce come possa calamitare l’attenzione assolutamente più che qualsiasi altra parte del corpo, fagocitando ogni altro genere di bisogno e dilungando erroneamente tempi e spazi altrimenti misurati e controllati.

Ne derivano rischi seri molto simili a ciò che avviene anche all’interno del Metaverso virtuale che sebbene sia dal punto di vista creativo e formativo un eccellente strumento, nasconde in sè considerevoli insidie nella percezione dello spazio e soprattutto del tempo, come accade nell’assuefazione ai videogiochi.

Faccio un esempio: Il tempo che si passa all’interno di un mondo virtuale o davanti a un videogioco, se non accompagnato da un’ottima dose di consapevolezza e cautela, tende a produrre assuefazione e dipendenza e si dilata talmente tanto che 8 ore sembrano una mezz’ora.

Come ovviare alla metamorfosi dello zombie?
La soluzione non è difficile da scovare ma è piuttosto arduo metterla in pratica.

E’ la filosofia del Giusto Mezzo con l’ausilio dell’intelligenza che sa modularsi supportata dalla cultura e l’esperienza, riuscendo a dosare l’utilizzo degli strumenti senza abusarne, senza togliere nulla al proprio TempoVita (esigenze quotidiane, relazioni interpersonali, studio, lavoro, svago, attività fisica).

La conoscenza approfondita del mezzo è sempre molto utile e si acquisisce con il tempo e prima di essa è importante consigliare l’attenzione e la cautela quando si ha la modestia di considerarsi neofiti.

Ciò che noto, nella varia umanità e genericamente per qualsiasi generazione, è l’assenza del balance tra l’uso di cellulare e social media e tutto il resto, come se prima dell’avvento di questi strumenti non ci fosse stato alcun modo per comunicare agli altri ciò che siamo fisicamente, caratterialmente, professionalmente, sentimentalmente.

Che poi, al di là di chi gestisca palesemente in modo delirante cellulare e social media, siamo realmente certi che essi migliorino la comunicazione tra coloro che invece riescono a razionalizzarne l’utilizzo?

Può sorgere il dubbio che essi tolgano spesso la possibilità di una reale conoscenza
fatta di sguardi, posture e gesti vis-à-vis, con una comprensione alchemica, empatica che altrimenti difficilmente potrebbe manifestarsi?

Nel 2024 poi è ancora possibile la rivendicazione della propria privacy per la quale
risulta fastidioso che tutto possa essere ascoltato e spiattellato in ogni dove attraverso una banale videochiamata o chiacchiera in vivavoce?

Una vita talmente spiata, intercettata, tracciata, ovunque ascoltata, fotografata, ripresa in video, consapevolmente o inconsapevolmente, ha ancora il valore che aveva in precedenza in termini di sicurezza, protezione, riservatezza, ma anche il semplice desiderio di ognuno di rivendicare la propria assenza dall’ormai obbligatoria onnipresenza telefonica, quando se ne sente l’esigenza?

Le mie sono solo riflessioni finalizzate a non accogliere tutto quello che giunge dal progresso o da altri frangenti senza il nostro approfondimento di conoscenza e senza la nostra mediazione intelligente che sempre dovrebbe fare da filtro.

Ma la domanda più pertinente e curiosa di tutte è:

quale fattore gioca un ruolo fondamentale nel rendere così complicato il fatto di dosare il tempo dedicato al cellulare? Cosa lo rende tanto appetibile, magnetico, irresistibile?

Per quale motivo lo zombie non riesce assolutamente a distrarsi dall’accenderlo e smanettare anche quando sta bevendo, mangiando, parlando con una persona difronte, mentre lavora, etc etc (uso l’etc per omettere l’allusione alle situazioni più assurde ed avvilenti).

Per quale motivo un cellulare o un social media non possono in effetti essere paragonati ad un aspirapolvere?

In effetti con un aspirapolvere al momento non è possibile interagire con altre persone distanti da noi, non è possibile accedervi per avere informazioni, posizioni geografiche, ordinare un delivery, effettuare un pagamento, inviare email.

Ma davvero il cellulare è diventato tanto fondamentale alla stregua d’una mano o un braccio?

Ahimè ogni mia riflessione conduce inevitabilmente alla constatazione che l’uso di cell e social media abbia al di là di tutto un solo comune denominatore attorno il quale si catalizzano tutti i pensieri, al punto tale che perdiamo di vista il traffico stradale, il semaforo, il bambino nel passeggino che si strozza con la merendina, il datore di lavoro che ci intima qualcosa e nemmeno lo ascoltiamo, la mamma che ci chiama, la moglie che ci dorme a fianco, l’insegnante che richiama la nostra attenzione, etc etc
(omettendo tutte le situazioni in cui Pericolosamente si utilizza il cell).

Questo comune denominatore, accentratore di tutte le umane vicissitudini al cellulare e social media, assolve pienamente ad una delle attività umane che di progresso tecnologico ha ben poco ma che è senza dubbio fra le più antiche e irriducibili come respirare, nutrirsi, camminare:

*Farsi i Fatti degli Altri*.

Possiamo anche rivendicare che questa sia un’attività piacevole, possiamo anche menzionare il pettegolezzo e il gossip che da sempre hanno vivacizzato dal salotto di casa al baretto in strada fino agli epistolari ed i giornali e chi piu’ ne ha ne metta… ma resta il fatto che,, nel 2024 e grazie al progresso tecnologico,, sprechiamo preziosa quantità del nostro TempoVita smanettando su Facebook ed Instagram per guardare foto, viaggi, esperienze, incontri altrui, veritieri o no.

Allora mi chiedo:

Quale valore diamo alla Nostra Vita che ha un tempo limitato su questa Terra?
Quale valore diamo alle persone che ci circondano?
Quale valore diamo ad uno sguardo?
Quale valore diamo al desiderio di un’attesa?
E all’incontro fortuito?
E ad una chiacchiera vis-à-vis?
E…………………………………

Il Sistema e le sue Catene

Il sistema e le sue catene ci attendono ancor prima di nascere e crescendo, ovunque andiamo, qualsiasi cosa facciamo, in qualunque modo interagiamo con il mondo, dobbiamo fare i conti con regole, obblighi, compromessi, calcoli, numeri che la società ci impone e che ci costringe ad accettare, anche quando pensiamo di essere assolutamente sregolati, o liberi, o leggeri, o distanti da qualsiasi genere di coercizione.

“L’unico modo per sfuggire alla condizione di prigioniero è capire com’è fatta la prigione”.
(Italo Calvino)

Siamo appesi ad un filo? No… peggio…. ad un gancio freddo e nero da cui si dipartono grandi catene dello stesso tetro colore che senza tregua, senza alcuna remora, senza alcuna compassione si ramificano, avvolgono e serrano strettamente.

Le gabbie, le catene e gli ingranaggi sono innumerevoli in quest’era post industriale ed attanagliano, soffocano la nostra esistenza anche se tentiamo con tutte le nostre forze di mantenere la nostra linfa vitale, i nostri desideri, il nostro istinto, i sentimenti e le sensazioni.

Il sistema è sempre in agguato anche quando crediamo di averlo scansato e non ci consente di parlare come vorremmo. Di ascoltare come vorremmo. Di guardare come vorremmo. Gli ingranaggi e le catene, nel loro costante funzionamento, avvolgono e stringono il corpo ed i suoi organi vitali, perfino la voce, per non dare all’umanità nemmeno l’opportunità di comunicare. Le estremità sono ancorate al terreno e non consentono alcun passo ed alcuna autonomia.

Il deserto delle libere sensazioni?! E’ preferibile non parlare, non vedere nulla e non ascoltare nulla? E’ preferibile accettare il sistema (Ricordate Matrix?) e fingere d’essere liberi ed indipendenti?

Come poter annullare le catene e consentire all’innocenza ingabbiata di poter involarsi all’esterno, nel mondo libero? E’ Sogno, Utopia, Irrealtà?

E’ difficile pensare di poter costruire un tempo ed un luogo terreni dove l’uomo sia veramente libero dagli ingranaggi soffocanti del sistema che lo stritolano al punto da non avere più alcuna autonomia e libero arbitrio. Qualcosa o qualcuno che possa riscattare la purezza dell’innocenza e la libertà delle nostre sensazioni in quest’era di forte corruzione ambientale e sociale, di sistemi economici e politici che ci costringono a ruolo di gregge mansueto e silente senza alcuna autonomia e potere decisionale.

“È difficile liberare i folli dalle catene che essi stessi venerano.” (Voltaire)

Credo che in questa frase possa nascondersi la Chiave e la Risposta alle molteplici domande.

Se non la Soluzione, almeno uno Spiraglio di Luce che, tra le difficoltà, possa lasciare intravedere la giusta strada da seguire.