Io e Salvador

Sono un’estimatrice accanita di Salvador Dalì da molto tempo e a causa sua 😛 ho intrapreso innumerevoli viaggi esplorando luoghi a lui congeniali o legati alla sua vita così avventurosa e creativa.

Essere appassionati del suo estro creativo significa lasciarsi abbracciare da un mondo che racchiude innumerevoli stili, tematiche, terre, tradizioni ed epoche e che
nello stesso tempo sa annullarli o superarli andando sempre decisamente Oltre, meravigliando, stravolgendo, scioccando. Quando sembra aderire ad un’idea, in un istante fugge via, sapendo creare, accogliere, diffondere per poi abbandonare tutto e creare altro, sempre nuovo, sempre dirompente, sempre trascinante.

Se si vuole approfondire il mondo di Dalì non resta che attraversare la Catalogna e immergersi nella sua Figueres ( diceva che poteva essere stata disegnata dallo stesso Leonardo per quanto fosse bella e perfetta) per capire quanto lui fosse intriso della sua terra (si dice con la passione di un cartografo), del suo cibo, della sua tradizione culturale, territoriale, perfino religiosa oltre che artistica.

Come non evocare la costruzione grandiosa del suo Museo a Figueres da lui stesso ideato per la sua città: * Voglio che il mio museo sia come un blocco unico, un labirinto, un grande oggetto surrealista. La gente che lo visiterà se ne andrà con la sensazione di aver fatto un sogno teatrale*, diceva. Il suo museo, inaugurato nel 1974, è l’accumulazione, la plenitudine, il tutto della sua arte. E’ il teatro della
memoria, pieno di allusioni alla vita e all’opera dell’artista. Ultralocale e Universale al tempo stesso.

Parliamo di Salvador.

Inizialmente è un esploratore inquieto, estremamente sensibile alla scoperta della natura, del territorio, della varia umanità. Dall’uomo anziano che passeggia sulla strada con le stampelle, alla villa della cantante d’opera Maria Gay arredata dei dipinti dell’impressionista francese Ramon Pichot. Dai campi di Figueres ai suoi boschi, dalle casette bianche di Cadaques agli uliveti argentati, la linea di mare blu, le mucche e le oche, le formiche giganti di Cap de Creu, il pane, le uova ed il vino dell’Empordà.

Sorprende constatare come l’artista registrasse e prendesse nota del mondo in cui viveva con una precisione documentale straordinaria. Questa idea di catturare il paesaggio in modo quasi maniacale servirà da fondamento quando abbandonerà l’impressionismo e l’esaltazione romantica e tutte le sperimentazioni (altresì nel futurismo, divisionismo, cubismo, etc) per trasformare la natura dei suoi luoghi nello sfondo magnifico ed enigmatico dove proiettare immagini doppie, architetture immaginifiche, allucinazioni e figure contraffatte, effetti illusionistici. In questa innovativa rappresentazione della sua terra includerà anche la fauna locale: farfalle, asini, rondini, formiche, mosche, cavallette che invaderanno i dipinti di connotazioni criptiche.

*Quando creo un’opera, copio assolutamente nel modo più onesto e fotografico una della mie visioni * Dalì.

Ad evolvere il destino di vita e d’arte contribuirono notevolmente la frequentazione con il grande amico Lorca con il quale condivise vacanze meravigliose, esplorazioni ed arte e quindi Luis Bunuel e le idee surrealiste incentrate sul concetto di Sogno e Inconscio (Psicanalisi-Freud) e quindi l’incontro con Gala nel 1929 la cui apparizione lo sconvolse fin dall’inizio come qualcosa di dirompente ed illuminante.
Nel 1931, influenzato dalla fisica di Einstein, dipinge La Persistenza della Memoria nella quale l’orologio, che in modo disciplinato e rigoroso scandisce la vita ed il tempo, si manifesta per quello che è realmente: deformato e molle si scioglie sugli oggetti rivelando la propria precarietà ed il relativismo. Permane la Memoria vittoriosa sul tempo.

Nasce e si evolve una pittura che, sposando le teorie del Surrealismo, permette a Dalì di sprigionare e concretizzare tutta l’immaginazione e così, rompendo i freni inibitori della coscienza e permettendo all’inconscio di esprimersi anche nei suoi aspetti più profondi, torbidi e deliranti (Paranoia), porta alla luce tutta la passionalità, le pulsioni ed i desideri attraverso immagini di sogno ed allucinazioni. Si esprime un meraviglioso connubio tra fantasia e virtuosismo tecnico.

Il suo Museo nasce dall’idea di creare una struttura che sia un tuttuno con la sua arte, anche derivata a mio avviso dalla sua concezione di casa e residenza concepite come propria massima espressione e nello stesso tempo luogo protettivo alla stregua di un guscio e luogo-atelier dove lavorare alle sue opere, anche raccogliendo tutte le esperienze possibili e tutti gli oggetti possibili. (Il cattivo gusto è creativo, il buon gusto è sterile, diceva).

L’idea del Museo è incentrata sul concetto di festa dionisiaca in cui ritroviamo il Dalì surrealista insieme a quello simbolista, scenografico, mistico, provocatorio, appassionato della scienza e della religiosità ma anche il Dalì nella sua interezza, nel suo mare, nella luce della sua terra, nella sua ironia, nei suoi colori.

Rappresenta l’essenza di Dalì nella sua complessa interezza, l’eredità del suo estro creativo che si tramanda costantemente senza una fine a tutti coloro che ne vogliono fruire scoprendone non solo la parte geniale ma anche quella umana e sentimentale altrettanto ricca ed intensa.

Riflessioni d’Arte sul Bauhaus

Ogni occasione è utile ed interessante al fine di approfondire l’Arte e sicuramente alcune visite interessanti ad esposizioni d’arte in diverse parti d’Europa mi hanno lasciato molti spunti di riflessione a proposito del celebre e stimolante movimento d’arte del Bauhaus nelle sue accezioni più vicine al design, la pittura, il teatro e la danza.

Vorrei soffermarmi sulle idee rivoluzionarie che il Bauhaus è riuscito a portare nel settore dell’arte ma non solo. Intanto vediamo di che si tratta nel dettaglio.

Il Bauhaus (Termine composto da due parole, costruzione e casa) è stata una scuola d’arte ed architettura a partire dal 1919 a Weimar in Germania, fondata da Walter Gropius, poi trasferita nel 1925 a Dessau dove operò fino al 1935, fortemente osteggiata dal regime nazista per i propositi innovativi ed internazionali.

Ispirata dalle innovazioni della Rivoluzione industriale inglese ed i suoi successivi profondi cambiamenti verso i nuovi sistemi produttivi e sociali, istituì in effetti nuove modalità di insegnamento ed apprendimento con la finalità prioritaria di eliminare la distinzione tra artista ed artigiano per il conseguimento della “costruzione completa, traguardo finale delle arti visive”.
Una sorta di movimento assolutamente rivoluzionario e moderno basato su idee costruttive, razionali e funzionali.

Sull’onda dei radicali cambiamenti post rivoluzione industriale si delineava la necessità di improntare una nuova formazione artistica e professionale dell’allievo, cercando di coinvolgerlo anche nelle fase progettuale delle arti.

A questo scopo non più un forte distacco tra insegnante ed allievo ma un rapporto stretto, costruttivo e democratico attraverso il quale vi era la cura e l’attenzione alla conoscenza della materia e della sua lavorazione, mèta obbligata ancora prima della profonda conoscenza della storia dell’arte.

All’interno della scuola vi erano numerosi laboratori a questo scopo, presieduti da forti personalità chiamate da Gropius a supportare questa sua visione dell’insegnamento: J. Itten (Corso preliminare), L. Feininger (incisione su legno), G. Marcks (ceramica), A. Meyer (architettura), G. Muche (arte tessile), P. Klee (arte vetraria), O. Schlemmer (scultura), V. Kandinskij (pittura murale), L. Moholy-Nagy (metalli) e L. Schreyer (teatro). A questi poi successivamente si unirono
altri eminenti professori tra cui lo stesso Mondrian (esponente del De Stijl di .Theo van Doesburg, movimento artistico basato sull’astrazione, la geometria delle forme ed i colori primari).

La scuola di Gropius, supportata nei primi anni dall’ambiente industriale dell’epoca, riuscì ad influenzare mentalità, letteratura, architettura, design, teatro producendo testi, ispirazione e realizzazioni che presto riuscirono a varcare i confini e tuttora sono in costante realizzazione in tutto il mondo.

Nel 1928 Gropius lasciò la scuola, sostituito da Meyer ed in seguito da Mies van der Rohe fino al 1931 con successivi tentativi di restaurazione, nonostante il forte ostruzionismo del regime, a Berlino e negli Usa a Chicago, con l’organizzazione negli anni di numerose esposizioni a New York, Parigi e Monaco.
A Berlino dagli anni ’70 esiste una importante collezione del Bauhaus con creazioni provenienti da tutto il mondo ideata dallo stesso Gropius, una sorta di archiviazione e documentazione storica della scuola e del movimento.

Le idee e le aspirazioni di questo incredibile movimento artistico hanno prodotto nel tempo creazioni artistiche, oggetti di design, testi letterari e perfino rappresentazioni teatrali.

Basta evocare il famoso Balletto Triadico del Bauhaus, Triadisches Ballett, ideato da
Oskar Schlemmer e inscenato per la prima volta nel 1922 a Stoccarda. Evidenzia un importante lavoro di estetica e di nuova filosofia di vita, nelle quali l’uomo è rappresentato alla stregua di una macchina e tutto il palcoscenico è incentrato sulle idee del meccanicismo e dell’astratto geometrico attraverso colore, forma, suono e movimento.

All’interno del Bauhaus e in particolare in questa nuova reinterpretazione creativa della danza e del teatro vi è la profonda e viva testimonianza del rinnovamento sociale, ideologico, economico ed artistico di quel tempo, mosse dal radicale stravolgimento industriale e dalla necessità di far i conti con l’idea della tecnica e del meccanicismo.

Il modo profondo e radicato con cui il Bauhaus ha influenzato tutto il mondo dell’arte, del design, del teatro, dell’architettura e della cultura si evince in ogni suo respiro creativo, finalizzato ad uno splendido risultato meramente produttivo e creativo, attraverso gli oggetti e gli arredi più disparati, il modo di muoversi e di concepire gli spazi, il modo di disegnare e dipingere, il modo di concepire l’astrattismo nei colori e nelle forme, il modo stesso di concepire tutto un periodo storico di forte cambiamento e di stravolgimenti sociali, economici e politici.

Ogni sua forma creativa racconta di quanto il Bauhaus abbia saputo imporsi e radicarsi, in anni sicuramente non facili per l’arte e la cultura, nelle menti creative del suo tempo e molto oltre, portando sconvolgimento, rinnovamento ed ispirazione.

Arte, Bellezza, Sentimento

Credo che l’Arte in ogni sua forma sia tutto ed il suo contrario. A volte diretta ed immediata al punto tale da riuscire a far scaturire emozioni e sensazioni senza che il fruitore si arrovelli eccessivamente sui modi ed i linguaggi con cui essa si esprime. Si crea immediatamente, con estrema naturalezza e senza alcun tipo di mediazione, quell’empatia dirompente e naturale che rasenta l’incredibile, la magia.

Non è necessario, è un mio modesto parere, avere alcun tipo di informazione sul Caravaggio perchè l’intensità e la forza dei suoi dipinti arrivino forti, dirette e chiare. Certo è interessante leggere del suo realismo, dell’uso quasi maniacale delle luci e delle ombre per evidenziare la scena, per darne la corretta prospettiva, per caricare il tutto di pathos e sentimento, ma anche un digiuno di studi d’arte può, attraverso la propria sensibilità e curiosità, apprezzarne la genialità creativa.

L’Arte non deve rappresentare un mondo settario ed elitario e questo aspetto non é nemmeno nella sua natura. Come la musica rappresenta un incredibile strumento per diffondere in modo diretto ed immediato il senso della bellezza, concetto profondo ed esteso nel contempo che, come la natura, insegna ed educa all’armonia. Ciò che e’ armonioso esteticamente lo è anche dal punto di vista etico e portare avanti l’idea della bellezza assume anche una valenza sociale, sentimentale, ideologica e politica.

Ricercare la Bellezza nella propria vita implica necessariamente di adottare tutto ciò che e’ armonioso, nel concetto piu’ rispettoso, vero e onesto della libertà. Salvaguardare l’arte, come l’ambiente, significa portare avanti l’idea di una vita lontana dal degrado, la corruzione, intrisa di sani valori.

Nella libertà e spontaneità di apprezzare la bellezza credo che una buona dose di studio e di approfondimento sia estremamente utile.
Se grazie alla sensibilità siamo in grado di apprezzare l’arte, perché privarci comunque di tutti gli strumenti utili a migliorarne la fruizione?

Come in ogni altro aspetto del mondo, se disponiamo di un buon bagaglio di informazioni, sarà più semplice la comprensione dell’arte quando meno ci arriva di primo impatto. In più di un decennio in cui mi sono occupata d’arte su Sl spesso ho sentito dalle persone la frase: E’ inutile, io d’Arte non capisco nulla.
Spesso è solo un blocco mentale che attraverso convinzioni erronee ma consolidate ci vieta di approcciarci alle cose con libertà e senza pregiudizi, magari anche attribuendo all’arte qualcosa di pesante, di difficoltoso, che in realtà non esiste.

L’approccio ad ogni cosa nella vita dovrebbe sempre essere scevro da limitazioni derivanti da pregiudizi, etichette, sovrastrutture, retropensieri e paure. Credo che l’approccio all’arte debba essere un buon mix di tutto cio’ che naturalmente mettiamo in campo quando ci rapportiamo serenamente al prossimo.

Spontaneità e fiducia ma non dabbenaggine, onestà e libertà di pensiero, un buon bagaglio di esperienze di vita e di informazioni, la curiosità di conoscere e comprendere.

Ricordo la prima volta che vidi i Tagli di Fontana o le astrazioni multicolori di Kandinskij. Senza alcuna lettura pregressa
non avrei compreso che dietro quegli squarci nella tela insiste un atto provocatorio. L’idea rivoluzionaria di ricerca di nuovi strumenti e nuovi spazi che in Arte quasi sempre è indispensabile per superare un momento stagnante e ritrovare nuova linfa.

Senza aver letto qualcosa di maggiormente dettagliato non avrei magari compreso che dietro l’astrattismo ed il colore impiegato quasi esasperatamente si cela non solo il concetto di abbandono delle immagini reali e tradizionali per raggiungere maggiore libertà creativa ma perfino l’esigenza di rappresentare, attraverso quelle astrazioni, l’idea stessa della musicalità.

Sicuramente non giungerò mai ad essere una forte estimatrice di Lucio Fontana ma sono felice di non esserlo non per un pregiudizio ma perchè, pur avendone compreso il percorso artistico, non ne condivido il gusto e l’estetica.

La vita, lo comprendo, è naturalmente permeata di praticità, bisogni, attualmente ancora più stritolata tra pandemie e contingenze lavorative, sociali e familiari, ma “qualcuno” ha ricordato meglio di me quanto sia breve ed effimera.
In quanto esseri umani siamo fatti della stessa sostanza dei sogni e ciò che riteniamo spesso ed erroneamente il superfluo, potremmo facilmente accorgerci che in realtà rappresenta ossigeno e nutrimento ed un ottimo corroborante nella nostra caotica quotidianità.

Farsi attraversare dall’arte, comprenderla, ricercare la bellezza sono un modo per migliorare noi stessi, offrendoci anche, e non è cosa da poco, meravigliosi strumenti per capirci meglio, per farci comprendere dagli altri e soprattutto un modo per non perdere la nostra identità e farla valere nel mondo.

Più ci forniamo di strumenti di conoscenza e comprensione e più nella vita non saremo facili prede di coloro che ci vogliono tutti uguali, tutti pensanti allo stesso modo, tutti schedati e confezionati, tutti distratti mentre la bellezza finisce nel degrado, mentre la cultura è strumento di pochi, mentre l’economia domina e regola su ogni aspetto pratico e non del nostro vivere quotidiano.

Che sia un’empatia, che sia uno studio matto e disperatissimo, che sia un incontro fugace, che sia una passione duratura nel tempo, datevi l’opportunità di fruire dell’arte, ovunque essa si trovi.

Non a caso è un’esortazione che assomiglia ad uno slancio sentimentale.